Il mare dentro

A Milano, una volta, c’era il mare. Tanto è vero che ancora ci è rimasto l’Idroscalo. Da lì partivano, sugli enormi SIAI MArchetti, Alida Valli con le sue famose mise, spesso accompagnata da Amedeo Nazzari. I gerarchi in cerca di notorietà, le spie dell’Ovra e la sempre più intraprendente classe industriale brianzola. Che, in tempi in cui l’Ikea era ancora lontana da venire, ambiva a conquistare il mondo con cucine e tinelli da pagare comodamente a rate.

Ma non solo a usi così prosaici, era destinato il mare di Milano. A Segrate, la buona e giudiziosa amministrazione meneghina, aveva realizzato degli stabilimenti balneari per la cittadinanza. Che poteva arrivarci comodamente in tram e, con poca spesa, affittare un ombrellone e una cabina. Ogni fine settimana vi facevano tappa anche le corriere da Bergamo e dalla Valtellina, piene di montanari ansiosi di tuffarsi fra le onde. Nei bar sulla spiaggia, per venire incontro alle loro abitudini, si servivano fiaschi di Valcalepio Rosso e porzioni giganti di pizzoccheri. Alla sicurezza dei bagni provvedevano gli studenti della “Scuola Soccorritori Sant’Ambrogio”. Istituto prestigioso e celebre in tutto il mondo. Le domande di iscrizione, per i pochi posti disponibili, erano migliaia. Inutilmente i bagnini di Rimini avevano tentato di stipulare una convenzione, offrendo in cambio degli animatori. Si erano visti relegare dopo le delegazioni straniere di Miami e di Copacabana.

Nei dintorni, vicino a Peschiera Borromeo, erano sorti ben presto alberghi e resort di classe, progettati dal Gruppo 7, e un casinò, frequentato da ricchi svizzeri provenienti perlopiù da Lugano. Per i meno titolati, le innumerevoli sale da ballo che fiancheggiavano il lungomare. Signore, ragazze debuttanti, tombeur de femme ma anche trombè, potevano ascoltare e danzare la musica del Trio Lescano e di Alberto Rabagliati Per qualche tempo si esibì anche il celeberrimo Natalino Otto, ma ben presto le lamentele di chi non apprezzava quella musica venuta dall’America, il jazz, ebbero la meglio. Natalino si dedicò, allora, a incidere dischi con Gorni Kramer. Ma questa è un altra storia.

Naturalmente, la buona e sempre più giudiziosa amministrazione milanese, promovueva anche gli sport acquatici, Ogni sabato pomeriggio, nel piccolo golfo di Segrate, si tenevano gare di canottaggio e di nuoto. Dove le varie polisportive, la più titolata quella dei tramvieri, si sfidavano in duelli epici in grado di eclissare ogni altra competizione, persino quelle olimpiche. E’ noto, infatti, che il record del mondo dei 100 stile libero, non fu detenuto, fino al 1934, come comunemente si crede, da Johnny Weismuller. Ma da Carlo Boniardi, controllore sulla linea Piazza Duomo – Lambrate, che lo stabilì durante il ponte di Ferragosto del 1930. Non parliamo poi di quanto i nostri canottieri, del Gruppo Vigili Urbani, hanno ridicolizzato gli atleti delle regate Oxford Cambridge, venuti qui da noi per apprendere le tecniche di vogata.

Insomma era bellissimo, il mare di Milano. Ce l’hanno rubato i tedeschi, dopo l’otto settembre. Via le cabine, gli ombrelloni, le balere, gli hotel e anche il casinò. Hanno raccolto tutta la sabbia e con i treni, l’hanno portata a Lubecca. Il golfo di Segrate riempito di terra, spianata poi con i panzer. I bar smontati e trasferiti sul fronte russo, come alloggi ufficiali. E noi, davvero, ci siamo rimasti come quelli della maschèrpa. Adesso, per andare al mare, ci tocca arrivare fino a Rimini. E vuoi mettere le piadine con la cutuleta?

Ambrogio

Tutti a casa, oggi. E’ Sant’Ambrogio che, come ben si sa, è il patrono di Milano. In realtà divide tale incarico anche con Carlo Borromeo (quello della statua ad Arona) e San Galdino, ma la festa è dedicata solo a lui. Che non poteva non diventare prima vescovo e poi appunto patrono di questa città, dato che prima di indossare l’abito talare, esercitava come avvocato. E a Milano, prima ancora che di santi, c’era bisogno di avvocati. Come ce n’è bisogno anche oggi, peraltro. Ne abbiamo ventimila, tutta la Francia ne ha meno del doppio. Non che siamo litigiosi, per carità, ma Milano è davvero complicata. Comunque, Ambrogio, che veniva da Treviri, proposto per l’alto incarico religioso dalla volontà popolare, si fece pregare, è proprio il caso di dirlo, per qualche mese prima di accettare. E addirittura, per svincolarsi dall’invito, cominciò a frequentare, lui che pur essendo un leguleio era una persona a modo, donne di malaffare, ricevendole pure nella sua magione meneghina. Non funzionò, il popolo, probabilmente abituato ai costumi degli altri prelati, non volle sentire ragioni, vescovo doveva essere. Ambrogio allora tentò la fuga, ma ci si mise in mezzo l’Imperatore di allora, tale Flavio Valentiniano, scarsamente dotato di abilità diplomatiche e di pazienza, che gli intimò di accettare. Narrano le cronache milanesi che se la cavò benissimo, sempre pronto a mettere in gioco le sue capacità per i più poveri e i più deboli. Trovò il tempo di bandire l’eresia ariana, fece più di un cazziatone al nuovo imperatore, Teodosio. Insomma, tanto si diede da fare che, ancora ai giorni nostri, a Milano, in chiesa cantiamo in modo diverso dal resto d’Italia. E anche il Carnevale lo festeggiamo quando ci pare.
Siccome Sant’Ambrogio, la ricorrenza non il santo, ha la peculiarità di cadere giusto il giorno prima dell’Immacolata Concezione (di Maria parleremo un’altra volta, però), a Milano è decisamente una festa pesante. Sono due giorni da dedicare alla città. Con tanto di tram muniti di luminarie e vie dello shopping tirate da battaglia. Vero, si danno anche gli Ambrogini d’oro e il vescovo di adesso, non mi ricordo come si chiama era molto meglio quello di prima, pronuncia un’omelia epocale.  Ma il patrono è soprattutto la prova generale del Natale. Quello commerciale, intendo. Tanto che, come ogni anno, io preferisco rimanermene a casa per non affrontare le orde barbariche che, fin dalle prime ore del mattino, vengono scaricate dai treni regionali a Cadorna o a Garibaldi. Pronte ad invadere, a seconda del budget disponibile, Corso Buenos Aires o Via Montenapoleone. I più coraggiosi si dirigono al Castello Sforzesco, ma solo loro. Gli Obei Obei sono uno spettacolo per stomaci forti. C’è movimento, su quelle vie, più che attorno alla piazza dedicata al santo, con la Basilica, che è invece a due passi da San Vittore.

In realtà, una volta, solo una, ci sono stato. Proprio in questo giorno, proprio in quelle vie. Ma vi prego di capire, abitavo qui da poco, ero appena arrivato, non sapevo ancora nulla. Ancora mi spacciavo, mesi dopo il mio trasferimento, per uno arrivato il giorno prima con la Vaca Nonesa o giù di lì. Per dribblare le domande sulle fermate della metro o sugli orari dei tram. Insomma, sono rimasto sconvolto dalla fiumana di gente che si accalcava fuori e dentro le vetrine. Mi sono fatto clamorosamente fregare da un venditore di caldarroste, ho mangiato in un McDonald affollato come la barca di Caronte. Alla fine ho pensato di rifugiarmi, mi pareva proprio il caso, nella basilica del festeggiato. Milanese d’adozione come lui, gli potevo certamente chiedere coraggio e forza d’animo per affrontare quell’esodo fuori stagione. Mi avrebbe senza dubbio fatto la grazia. Ma, causa la mia scarsa conoscenza della geografia cittadina, all’epoca non c’era ancora Google Maps, ho sbagliato chiesa. E sono finito a Sant’Eustorgio. Quello prima, insomma. Bel personaggio anche lui, comunque. Famoso per aver portato a Milano, direttamente da Costantinopoli, le reliquie dei Re Magi. Ma non venite apposta per vederle, però, se le è portate via il Barbarossa qualche secolo dopo e sono finite a Colonia. Lui, l’Eustorgio, lo festeggiano il 18 settembre.