Me ne aveva parlato per la prima volta forse mia madre, avevo pochi anni. Oppure era stato alla scuola materna, dove suore vestite di nero, tentavano di educarci, di farci diventare, fin da subito, buoni cristiani. Tutti noi, dicevano, abbiamo un angelo custode. Lui ci protegge sempre, dai pericoli, dal male. Chi è, dove sta quest’angelo, dove si nasconde, rispondevamo stupiti. Perché non possiamo vederlo? Perché quello è il suo compito, quello di starci vicino senza farsi vedere, riaffermava la madre superiora. E quando vi parla, voi non sentite la sua voce, ma quella che è dentro di voi. Quella dell’anima. Noi non capivamo, naturalmente, e passavamo più volte, ogni mattina, davanti agli specchi del guardaroba, dove deponevamo le nostre giacchette per infilarci il grembiule blu. Se fossimo stati veloci, se avessimo fatto abbastanza in fretta pensavamo, forse l’avremmo sorpreso, l’avremmo visto dietro di noi.
Ma quello che ho dietro adesso, ne sono sicuro, non è una angelo custode, non è qui per proteggermi da ogni male. E’ da stamattina che mi segue, fin da quando è entrato nel bar e si è seduto ad un tavolino. Caffè, giornale. E teneva invece d’occhio me e la porta. Quando sono uscito non si è mosso, ma l’ho rivisto più tardi, sotto la casa del Biondo. Mica sono salito, chiaro, non sono così stupido. Ho tirato lungo e mi sono fatto tutto il centro. E stavolta, riflesso nelle vetrine nei negozi, c’era sempre lui, un poco più in là, alle mie spalle. Anche adesso, eccolo là in fondo. Un poliziotto non è di sicuro. Quelli sono più organizzati, mica ti segue uno solo. Si mettono in tre o quattro, fanno a turno, di danno il cambio. Se sono bravi non ti accorgi di nulla. E allora chi è? Cosa vuole? Che sia un tirapiedi del Catena? Non è che gli ultimi affari con lui siano andati particolarmente bene. Ma d’altra parte questa è zona nostra, decidiamo noi chi lavora qui. Se vuole mandare qualcuno dei suoi a spacciare sulle panchine, non ci sono problemi. Non ci interessa. Ma occhio a non dar troppo fastidio, che se la pula comincia a metterci il naso, poi sono rotture per tutti. E tutto il resto sia chiaro, ma proprio tutto, è roba nostra. Giù le mani.
Ma lui aveva voluto fare il furbo. E a dargli certe spiegazioni siamo andati in quattro. Ancora un poco e se la facevano sotto. Lui e uno dei suoi compari. Uno di quelli che usa per vendere la sua merda al parco. Drogato pure lui, molto probabilmente. Ma fargli paura era d’obbligo, visto che aveva già cominciato a occuparsi di faccende che non lo riguardavano. Tipo i posti al mercato, dove voleva piazzare degli amici suoi. Non aveva capito, bisognava davvero spiegargli bene tutto quanto. Ha anche cercato di protestare, il Catena. Ma io e il Biondo gli abbiamo fatto vedere cosa avevamo in tasca e si è subito calmato. Se ne sono andati, lui e l’altro tizio, con la coda fra le gambe. Alla trattoria della Manuela ci eravamo fatti grosse risate quella sera, li avevamo messi al loro posto quei pezzenti, ci siamo detti.
Non molla davvero, ce l’ho ancora dietro. Forse è meglio che chiami il Biondo, oppure Giancarlo. Questo qui ha qualcosa in mente, e stasera abbiamo un appuntamento con gente importante, da fuori. Magari riusciamo anche ad allargare il giro, ma dobbiamo fargli vedere che siamo noi i più forti qui. Che siamo gli unici con cui si possono fare certi affari. E rispondi, cazzo! Quello, ci scommetto, sta dall’amica sua. E stacca il telefono, fa sempre così. Ma che ha paura che gli interrompiamo la scopata sul più bello? E nemmeno quel fesso di Giancarlo risponde, vuoi vedere che l’ha accompagnato? E all’appuntamento mancano solo due ore. Ci dobbiamo trovare in un autogrill, hanno voluto loro così. Io non so nemmeno che faccia abbiano. I contatti li ha sempre tenuti il Biondo. E ancora non risponde.. Che faccio adesso? Mica mi posso tirar dietro questo cane da riporto. Vado in Stazione Centrale, magari lì riesco a seminarlo, con tutto quel casino che c’è. Magari riesco pure a fargli credere che devo partire, compro un biglietto qualsiasi e poi faccio finta di prendere il treno. Muoviamoci, si sta facendo buio
Vedrai come ti frego, adesso ti lascio con un palmo di naso. Telefono. Ah eccolo qui il bel Giancarlo, e allora? Lo chiedi a me dov’è il Biondo? Ma sarà dalla sua amica, la solita. Ah, lì non c’è… Cosa hai detto? Che salta tutto se non lo si trova? No, aspetta, aspetta, dove sei, adesso? Non possiamo incontrarci, Giancarlo, qualcuno mi sta dietro da stamattina e… Cos’era quel rumore? Cristo! Fa male, fa male da matti. Un altro, ancora. Ma cosa… Mi devo appoggiare al muro, sento un altro colpo. Sono bagnato, è sangue. Mi giro piano, sto scivolando. non mi reggo. Non lo vedo, è andato via. Non sono stato abbastanza veloce e lui è scappato via Come l’angelo custode nel guardaroba della scuola. E la sua voce, aveva ragione la suora, è la mia.